18 febbraio 2021, ora italiana 21:44: Perseverance, il rover della NASA ha raggiunto il suolo di Marte, dopo avere viaggiato per 203 giorni coprendo una distanza di oltre 470 milioni di chilometri, ad una velocità media di 20mila km/h.
Dopo i “sette minuti di terrore”, come li definisce la Nasa, il sistema è entrato nell’atmosfera di Marte per poi giungere sul cratere Jezero, il sito di atterraggio più pericoloso mai tentato.
Noi abbiamo ricevuto il segnale alle 21:55: 11 minuti dopo, ossia il tempo che ha impiegato il segnale per giungere sino a noi, come 11 minuti luce è la distanza che separa Marte dalla Terra.
A quel punto centinaia di uomini e donne che hanno lavorato al progetto hanno potuto esultare per l’avvenuto touchdown.
Durante l’ammartaggio, le camere montate sul rover hanno scattato tantissime foto della superficie con prospettive mai viste finora, che sono state processate da algoritmi di image processing basate sull’Intelligenza artificiale.
La missione di cui fa parte Perseverance si chiama Mars 2020 e ha richiesto più di sette anni di preparazione, soprattutto da parte delle centinaia di persone che lavorano presso il Jet Propulsion Laboratory (JPL), il laboratorio della NASA a Pasadena (in California) che si occupa dell’esplorazione dello Spazio con sonde, lander e rover.
Perseverance ha dovuto fare tutto da solo con i suoi sistemi di bordo e senza la possibilità di interventi e correzioni dal centro di controllo.
In quasi sette mesi di viaggio interplanetario, era rimasto protetto all’interno di un involucro, un grande guscio a campana, chiuso nella parte inferiore da uno scudo termico, per disperdere il calore durante il turbolento ingresso nell’atmosfera marziana. Trascorsi quattro minuti dall’inizio dell’attraversamento degli strati atmosferici più alti di Marte, ha raggiunto una velocità di 1.600 chilometri orari (rispetto al pianeta) e ha dovuto per forza rallentare ancora, per evitare di schiantarsi al suolo, aprendo un grande paracadute mentre era a un’altitudine di 11mila metri.Una volta aperto il paracadute, lo scudo termico si è sganciato e la parte inferiore del rover è stata esposta per la prima volta all’ambiente marziano.
A poco più di un minuto dall’atterraggio, anche la parte superiore dell’involucro si è separata dal resto ed è iniziata la parte più acrobatica della missione.Il rover è stato infatti calato al suolo da un argano agganciato sulla sua sommità: ha attivato i propri retrorazzi per stabilizzare la discesa e ha poi fatto calare Perseverance lentamente. Alla fine, l’argano si è sganciato e ha sfruttato i retrorazzi per allontanarsi il più possibile dal punto di contatto con il suolo del rover, per non interferire con le sue attività ed evitare danni.
Perseverance si trova ora nel suo obiettivo, un cratere largo quasi 50 chilometri : Jezero.
I ricercatori ritengono che un tempo il cratere ospitasse un fiume, che sfociava in un lago. Il corso d’acqua avrebbe portato con sé sedimenti e minerali che nel lago avrebbero costituito la giusta ricetta per alimentare microbi, e forse altre forme di vita. Il rover avrà il compito di cercare fossili molecolari, cioè strutture e minerali dovuti alla presenza un tempo di esseri viventi. Gli indizi potrebbero essere di diverso tipo: elementi chimici frutto di processi biologici, o molecole composte da carbonio e idrogeno, che sono alla base dei composti organici, e quindi della vita, almeno per come la conosciamo sulla Terra.
Nel suo remoto passato, il pianeta probabilmente ricordava la Terra: era parzialmente ricoperto da acqua ed era meno brullo e inospitale rispetto a oggi.
Ma l’ammartaggio è solo l’inizio: il progetto prevede che siano raccolti almeno 20 campioni da portare sulla Terra in futuro.
Le provette dovrebbero garantire l’integrità dei campioni almeno per 20 anni su Marte, un tempo congruo per lo sviluppo della missione di recupero, sulla quale ci sono ancora molti aspetti da chiarire.
L’idea è di inviare in futuro un nuovo rover su Marte per recuperare i campioni e caricarli su un mini razzo, che dovrebbe poi portarli in orbita intorno a Marte. A questo punto una sonda dovrebbe intercettare il contenitore con le provette e portarlo sulla Terra. Non è mai stato tentato nulla di simile, ma avere quei campioni sul nostro pianeta significherebbe poter effettuare analisi molto più precise alla ricerca di forme di vita su Marte.
Insieme a Perseverance c’è Ingenuity (“Ingegno”), un drone di piccole dimensioni, il primo oggetto nella storia delle esplorazioni marziane a volare sul pianeta e a esplorarlo, seppure per spostamenti brevi. Ingenuity è un prototipo per capire se ci siano sistemi più pratici per spostarsi su Marte, considerato che un rover percorre solo pochi metri al giorno.
“Cercheremo tracce di vita su Marte e il rover Perseverance sarà capace di cercare queste tracce. Il mio ruolo sarà aiutare nell’interpretazione dei dati degli strumenti a bordo del rover e di comprendere se ci sono segnali di vita”spiega la ricercatrice Teresa Fornaro, dell’Inaf di Firenze, una dei tredici “Mars 2020 participating scientists” nel mondo. “É molto plausibile che si siano sviluppate forme di vita unicellulari su Marte come avvenuto, durante lo stesso periodo, sulla Terra. Non ci aspettiamo che queste forme di vita si siano evolute come accaduto sulla Terra perché Marte si è rapidamente spento e la radiazione ha spazzato via tutto.”
“L’Italia ha un ruolo da leader nell’esplorazione spaziale e nell’ambiziosissimo programma Mars Sample Return – ha spiegato il presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Giorgio Saccoccia -, di cui il rover Perseverance della missione Mars 2020 della Nasa è il primo capitolo”.
Sarà proprio il retroriflettore Laser Retroreflector Array, costruito in Italia e progettato dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), a orientare, come un catarifrangente hi-tech, la futura missione per il recupero i campioni.
Sarà la prima missione del programma Mars Sample Return di Nasa ed Esa a cui il nostro Paese collabora con l’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e con l’industria.
Lo stabilimento di Leonardo a Nerviano (Milano) sta costruendo i bracci robotici per il prelievo dei contenitori con i campioni marziani che avverà nel 2026, per poi portarli sulla Terra con la successiva missione Earth Return Orbiter del 2031.