Crescono i lavoratori con educazione terziaria. Tuttavia l’intelligenza artificiale e l’abbassamento degli standard formativi di scuola e università potrebbero comportare un arretramento dell’economia della conoscenza.
L’Eurostat2 calcola calcolato la percentuale di persone con educazione terziaria o impiegate nel settore della ricerca e sviluppo in percentuale sulla popolazione attiva. Per educazione terziaria si intende il tipo di formazione al quale è possibile accedere a seguito del compimento dell’educazione primaria e secondaria e quindi coincide con la formazione universitaria e post-universitaria. Per popolazione attiva, l’Istat intende la somma delle persone aventi un’età superiore ai 15 anni che risultano essere occupate, disoccupate o momentaneamente impedite a svolgere l’attività lavorativa in quanto impegnati nei servizi militari e civili o per motivazioni di carattere giudiziario e sanitario. A questa categoria vengono ulteriormente sommate le persone alla ricerca della prima occupazione.
Con riferimento al 2019, la regione Lazio è risultata essere al primo posto per percentuale di persone con educazione terziaria o impegnate in percorsi di ricerca e sviluppo con una percentuale della popolazione attiva pari a 41,7%, seguita dalla Lombardia con un ammontare pari a 40,7% e dall’Emilia Romagna con un ammontare pari a 40,2%.
A metà classifica si trovano Molise, Veneto con una percentuale rispettivamente pari a 35,9% e 35,1%.
Chiudono la classifica Puglia, Sicilia e Calabria con un ammontare rispettivamente pari a 28,8%, 28,5% e 28,30%.
Tuttavia se analizziamo il periodo 2015-2019, il numero delle persone con educazione terziaria o, in alternativa, impiegate nei processi di ricerca e sviluppo, è cresciuto in tutte le regioni tranne che in Calabria, dove si nota un valore pari a -0,2% e in Campania dove la variazione è stata pari allo 0,0%. Le regioni italiane dove il personale è cresciuto notevolmente sono il Piemonte e la Valle d’Aosta che hanno fatto segnare rispettivamente un valore pari a 3,8%, l’Abruzzo con un valore pari a 3,2%, e al terzo posto l’Umbria e il Lazio con un ammontare pari a 2,8%.
In totale nel territorio dello Stato italiano, circa 10,9 milioni di persone hanno una formazione di carattere universitario o post-universitario o, in alternativa, operano come forza lavoro nell’interno del settore ricerca e sviluppo. La Lombardia è al primo posto della classifica con un ammontare pari a 2.159.200 persone che hanno una formazione di tipo universitario o post-universitario oppure sono impegnate nell’esercizio di attività di ricerca e sviluppo pari al 19% del dato nazionale. Al secondo posto vi è la regione Lazio che impiega circa 1.310.200,00 persone in tale settore pari ad un ammontare dell’11,9% della forza lavoro complessiva del settore. Al terzo posto vi è l’Emila Romagna con un ammontare pari a 976 mila unità.
La Puglia è al nono posto, con un ammontare delle persone che hanno un titolo di studio di tipo universitario o post-universitario o, che alternativamente, operano nell’interno del settore della ricerca e sviluppo pari ad un ammontare del 4,8% nel 2019.
Occorre considerare che nel periodo tra il 2015 ed il 2019, il numero delle persone che in Italia hanno acquisito un titolo di formazione universitaria o post-universitario è cresciuto di circa 807,9 mila unità ovvero una crescita del 7,93%.
Inoltre, talune regioni sono cresciute ulteriormente in termini di numero di persone con educazione terziaria, oppure operanti nella ricerca e sviluppo, nel periodo tra il 2015 ed il 2019 in base ai dati dell’Eurostat.
Al primo posto, per variazione percentuale del numero di persone con educazione terziaria nel periodo tra il 2015 ed il 2019, vi è l’Abruzzo con una crescita pari a 11,54%, equivalente ad una crescita di 24.700 unità, seguito dal Piemonte, con una crescita percentuale pari ad un ammontare di 10,52% pari a 81.900 persone e al terzo posto vi è il Veneto con una crescita pari a 10,51% ovvero pari ad una variazione di 87.700 persone.
In Puglia, la variazione del numero di persone con educazione terziaria, oppure operanti nel settore della ricerca e sviluppo, è cresciuto di un valore pari a 7,54% ovvero pari ad un ammontare di 36.600 persone.
Chiude la classifica la Calabria con un ammontare pari a 1,01% di crescita del personale con educazione terziaria ovvero pari ad una crescita del 2,6%.
Conclusione. In sintesi il numero delle persone, che sono preparate per partecipare produttivamente dell’economia della conoscenza, è in crescita nelle varie regioni italiane nel periodo considerato. Tuttavia, non è detto che questa tendenza continui anche nel futuro, in quanto, a causa del covid-19, il numero delle iscrizioni presso le università è notevolmente ridotto e potrebbe comportare un arretramento sostanziale dell’economia della conoscenza ed in generale dell’economia dei servizi. Occorre del resto considerare che, non necessariamente, le imprese hanno interesse ad investire nell’innovazione tecnologica e nella conoscenza, soprattutto nel caso di imprese che operano nei mercati altamente concorrenziali. In questi casi, può essere necessario per lo stato, introdurre degli incentivi di carattere fiscale che possano essere tali da sostenere gli investimenti in ricerca e sviluppo e la tensione nei confronti dell’innovazione tecnologica, così come può essere necessario per le imprese, procedere alla determinazione di una serie di attività di cooperazione e coordinamento, come la creazione di consorzi e di società partecipate pubblico-privato. Occorre considerare che nel futuro, il numero di occupati nel settore dell’economia della conoscenza, tenderà a ridursi come effetto del combinato disposto tra crescita dell’intelligenza artificiale e depauperamento, già in atto, del capitale umano a causa dell’abbassamento della qualità dell’insegnamento scolastico e universitario. Ne deriva pertanto, che l’impiego massivo di capitale umano, all’interno dell’economia dei servizi, ed, in modo particolare, nell’economia della conoscenza, piuttosto che un orientamento di lungo periodo, potrebbe essere semplicemente un fatto di carattere contingente che ha due potenti limiti nell’intelligenza artificiale, da un lato, e la riduzione del contenuto professionalizzante degli enti di formazione dall’altro.
Se attualmente la maggior parte della forza lavoro opera nel settore dei servizi, in futuro tale scenario potrebbe cambiare e l’occupazione, nel terziario avanzato ed anche nel quaternario, potrebbe ridursi, creando i noti fenomeni di disoccupazione di massa e di creazione della “classe sociale inutile”, che sono stati analizzati dagli antropologi come Harari3
- Per lavoratori della conoscenza si intende quel particolare capitale umano che opera nei lavori intellettuali e professionali. Rientrano nella categoria sia le professioni tradizionali, come per esempio avvocati, commercialisti, ingegneri che i nuovi lavori prodotti dalla rivoluzione informatica-digitale come per esempio i programmatori, gli informatici, i designers.
- https://ec.europa.eu/eurostat/web/regions/data/database
- https://towardsdatascience.com/ai-and-the-useless-class-e56893aaabb